Comincerò questa presentazione affermando, per nulla assurdamente, la mia incredulità sul fatto che questo artista abbia qualche volta dipinto una mela. Le lunghe storie di accoppiamenti, di separazioni, di rivalità anche, che i suoi quadri raccontano, riguardano comportamenti linguisticamente oggettivati in "segni" validi appunto per gli oggetti, o tutt'al più per quelle copie conformi del prodotto industriale che sono gli "oggetti biologici". Questi, a somiglianza d'ogni manufatto degno di tal nome, sono credibili soltanto in quanto mancano di "personalità" dovendo predisporsi, innanzitutto, come momenti non significanti di una serie che ha in sèla propria logica e la propria necessità. E' ciò che accade alle "mele personaggio" di Viviani, o almeno a qualcuna di esse che, d'improvviso, si scopre rossa fra verdi congeneri, o dimezzata fra intatte rotondità. Ma, come sempre accade nell'immagine artistica, la diversità è solo finzione, cosi come è finzione il movimento, il colore e la luce cosicché ciòche appare, o s'immagina "d'istinto", può benissimo essere copia e non originale. Il che avviene, naturalmente, in qualsiasi opera d'arte, ma in quelle di Viviani il gioco è scoperto nel momento stesso in cui cerca di instaurarsi il processo della finzione. Può darsi, voglio dire, che qui si riveli "aggressività, la malinconia o l'erotismo, ma ciò accade proprio in quanto nello stesso istante ogni traccia di questi sentimenti si raggela, ed ogni accenno alla individualità che al sentimento è origine vien negato. Così le "mele" potranno apparire diverse, ma il fatto che esse siano riprodotte perfino con procedimenti meccanici ci dice che si tratta di una di versità cercata nell'alveo di un conformismo ineliminabile. |